Troppe contraddizioni nelle versioni fornite dalla coppia agli investigatori. Accuse reciproche che hanno convinto il sostituto procuratore Lenza a chiedere l’arresto anche per la moglie di Giuseppe Passariello
Sono diversi i motivi che ieri hanno portato in carcere Immacolata Monti, la mamma della piccola Jolanda, la bambina di otto mesi morta, quasi certamente per soffocamento, nella casa della famiglia Passariello a Sant’Egidio del Monte Albino. Il marito, Giuseppe Passariello, è già in carcere dal 23 giugno. Per la coppia l’accusa è di omicidio pluriaggravato e maltrattamenti in concorso.
Il giorno dopo il delitto, che doveva sembrare una tragica morte in culla, marito e moglie furono convocati in commissariato a Nocera. Furono lasciati soli in una stanza per alcune ore. Non sapevano che tutte le loro parole e le loro azioni erano registrate. Nel rivederle il sostituto procuratore Roberto Lenza non ha avuto dubbi, i due sono corresponsabili di quanto accaduto alla bambina.
“L’omicidio l’abbiamo fatto” dice la donna al marito. Lui la blocca “non lo devi dire”. Poi ci sono le immagini ed altre parole, “il cuscino lo devo buttare?”, e aggiunge “tutto in faccia”.
Poi ci sono tante contraddizioni tra le cose raccontate a Lenza. Soprattutto dall’uomo. Prima nega di aver detto quanto registrato dalle telecamere, poi parla di stress del momento, infine sostiene che la moglie ha problemi psichici.
Ci sono dei risvolti nuovi anche il giorno del suo arresto. Viene fermato alla stazione di Salerno mentre stava per salire su un treno per Milano, “vado a trovare lavoro”, dice ai poliziotti. Immediatamente dopo dice di sentirsi male, accusa una crisi di astinenza da droga. Alcuni giorni prima aveva lasciato la comunità dove lo stavano disintossicando. Gli agenti chiamano un ambulanza e viene trasportato all’ospedale di San Leonardo. Racconta al medico di turno in servizio in psichiatria che voleva suicidarsi. Nel frattempo Lenza, firma la richiesta di fermo.
In attesa della relazione finale dell’autopsia sul corpo della piccola sono immediatamente emerse delle indicazioni per gli investigatori. I lividi, i segni di bruciatura, le escoriazioni, risalgono ad una settimana prima della morte, quindi non ne sono state le cause. Sarebbe stato un solo decisivo episodio a provocare la morte di Iole, un soffocamento magari con un cuscino, un’azione brutale dettata, forse, dal non voler più accettare le non buone condizioni di salute della bimba che sembra soffrisse di problemi neurologici agli arti superiori, “la verità nascosta”.