I Neocatecumenali “non siamo untori, rispettate le norme anti Covid-19 nel ritiro religioso di Atena Lucana e Sala Consilina”
“Non siamo untori”, dicono i Neocatecumenali. Sulla vicenda del ritiro religioso del Cammino Neocatecumenale che si è tenuto ad Atena Lucana il 28 febbraio scorso e poi a Sala Consilina il 4 marzo l’ufficio stampa ha diramato una nota nella quale si precisa che l’incontro dei fedeli del Cammino è avvenuto in giorni in cui non erano ancora stata diramate ordinanze di divieto di incontri. “Tanto è vero che il 29 febbraio si è giocata a Napoli la partita di calcio Napoli Torino con 55mila spettatori e nessuna ordinanza del governatore della Regione Campania proibiva l’incontro.
“Lo stesso vescovo di Teggiano–Policastro, Monsignor Antonio De Luca – si legge nella nota – ha dichiarato che i fedeli del Cammino hanno celebrato l’Eucarestia senza scambio della pace e ricevendo l’ostia nella mano, rispettando le norme diffuse dalle diverse diocesi in quei primi giorni. L’incontro a Sala Consilina, poi, è avvenuto il 4 sera, dopo le 18,30. Il Comunicato della Cei e quello della Conferenza Episcopale Campana sono del 5 marzo: quindi non vi era ancora nessuna proibizione di incontri. E l’ordinanza del Presidente del Consiglio per tutta l’Italia è del 9 marzo”.
“Come si fa allora – continua il comunicato stampa – ad accusare i neocatecumeni di disobbedienza o anche solo di disattenzione a questi documenti dei Vescovi e delle autorità civili”. Secondo l’ufficio stampa del Cammino Neocatecumenale la notizia diffusa dai media non è esatta ed è “lesiva del buon nome e dell’immagine del Cammino” mentre “molti fratelli in Italia e in tutto il mondo si stanno adoperando per dare il loro aiuto e la loro testimonianza in favore di tante persone più deboli, colpite dal virus, e la loro collaborazione in tante strutture e centri sanitari”.
Il presidente della Campania, Vincenzo De Luca aveva indicato alla stampa come causa dell’epidemia un “rito mistico” organizzato da “un predicatore” durante il quale tutti i partecipanti avevano bevuto allo stesso calice, incuranti dell’igiene e dei rischi di trasmissione del virus. Il governatore aveva anche annunciato denunce penali, seppur il ritiro si sia svolto in giorni in cui non era stata imposta alcuna particolare restrizione né emanato un decreto. De Luca ha poi “chiuso” quattro Comuni nel Vallo di Diano (Atena Lucana, Sala Consilina, Polla e Caggiano) perché c’era stato un picco di contagio con 16 persone risultate positive al Covid-19 ed un uomo di Bellizzi di 76 anni deceduto.
Secondo quanto pubblicato da Vatican Insider-La Stampa da persone presenti all’incontro, avvenuto dal 28 febbraio all’1 marzo ad Atena Lucana, le cose sono andate diversamente. Durante quella che era una semplice messa, di sabato sera, il sacerdote celebrante – un prete della diocesi di Teggiano chiamato appositamente a presiedere la funzione – ha evitato di distribuire il sangue di Cristo dal calice che le comunità del Cammino Neocatecumenale sono solite usare nelle loro liturgie eucaristiche. In base ad una concessione della Santa Sede, stabilita negli Statuti pubblicati nel 2008, esse ricevono infatti la comunione «sotto le due specie», il pane ed il vino.
Si è evitato anche lo scambio del segno della pace, rispettando le norme diffuse (in modo ancora informale e confuso) dalle diverse diocesi in quei primi giorni in cui ancora non era chiara la gravità dell’emergenza e si pensava che il focolaio principale fosse in Cina.
Nel ritiro “incriminato” ad Atena Lucana, affermano i presenti, sono dunque state seguite tali misure precauzionali. Nonostante questo oltre la metà dei partecipanti è stato contagiato da Covid-19 probabilmente a causa della presenza di un portatore sano in mezzo a tante altre persone in uno stesso luogo chiuso, a qualche stretta di mano, alla resistenza del virus sulle superfici. In pochi hanno presentato sintomi influenzali dopo il ritiro; le stesse persone si sono riunite nuovamente il 4 marzo per un altro incontro nella chiesa di San Rocco a Sala Consilina.
Ad avere la peggio però il 76enne di Bellizzi,uno dei catechisti della comunità e figura molto amata nel suo paese, conosciuto come “padre e nonno amorevole”. In casa per circa una settimana in stato febbrile, è deceduto il 10 marzo per insufficienza respiratoria acuta causata dal virus. Gli altri sedici membri del gruppo si sono quindi sottoposti al tampone, risultando positivi. La libera circolazione e i contatti avuti nei loro rispettivi paesi ha con buona probabilità contribuito all’espandersi indiscriminato del coronavirus nella zona.
“Dispiace vedere persone appartenenti ad un percorso cattolico con proposte di vita cristiana passare per untori e disobbedienti”, è il commento di monsignor Antonio De Luca, vescovo di Teggiano-Policastro, a Vatican Insider. «Certamente non sono stati né opportunamente guidati nè coordinati da chi ne aveva la responsabilità”.
Il presule aveva già diffuso delle dichiarazioni per contrastare le false notizie rimbalzate sui social network. Tra queste, il fatto che a celebrare la messa fosse stato un prete venuto da Milano mezzo febbricitante. Gli stessi partecipanti alla “convivenza” hanno cercato di smentire tali versioni, a cominciare dalla figlia del 76enne deceduto, che vive e lavora in una città del nord, la quale ha chiesto “rispetto per il dolore” vissuto dalla sua famiglia.
Monsignor De Luca conferma la ricostruzione degli eventi. Il vescovo parla a nome del sacerdote che ha presieduto la celebrazione, il quale preferisce mantenere l’anonimato e non vuole rilasciare dichiarazioni perché “molto turbato” da quanto accaduto.
“Una comunità dell’arcidiocesi di Salerno – ha scritto in un comunicato – ha svolto una convivenza in un hotel ad Atena Lucana, territorio della diocesi di Teggiano. Hanno invitato un parroco di zona a celebrare l’Eucarestia. Si tratta di un uomo di cultura e spessore pastorale, poco più che quarantenne, nient’affatto un santone. Insieme a lui c’era un altro prete, sempre della diocesi di Teggiano-Policastro, che ha presieduto il rito della confessione. Questi sacerdoti hanno fatto rispettare le disposizioni indicate da autorità religiose, civili e sanitarie: la distanza di un metro e mezzo, niente scambio di pace, l’Eucarestia sulla mano e, naturalmente, nessun calice per il vino”. Alla notizia della morte di un uomo e dei diversi test positivi, è stato però difficile frenare le voci che la causa del contagio fosse l’aver bevuto tutti alla stessa coppa come usanza dei neocatecumenali.
Si parla inoltre anche di “un atto di disobbedienza” da parte della comunità di Bellizzi nell’aver organizzato l’appuntamento di tre giorni, in un momento di totale incertezza sulle conseguenze del virus. “Sicuramente è stata una grave imprudenza non rimandare tutto” – ha affermato il vescovo – personalmente non sapevo che si sarebbero tenuti gli incontri anche perché il gruppo veniva da un’altra diocesi. C’è da dire, tuttavia, che in quei giorni confusi avevamo ricevuto solo poche ordinanze e nessuna misura restrittiva. Io, per esempio, pur mantenendo attivi tutti i servizi di carità, ho subito sospeso oratori, catechismo, incontri per futuri sposi. Più per scrupolo di coscienza che per prevenzione. Solo dopo ci siamo accorti di quanto è aggressivo questo virus”.