Nocera Superiore, test Covid per insegnanti all’ex Mimosa. L’Asl Salerno non brilla. E poi il buffet all’ospedale di Sarno
Oggi pomeriggio ho accompagnato mia moglie in un ambulatorio del Distretto sanitario 60 dell’Asl Salerno a Materdomini, noto e storico quartiere di Nocera Superiore. Essendo docente, si è sottoposta al test sierologico per il Coronavirus. Le indicazioni che ci sono state fornite ci hanno portato in quella che una volta era una residenza per persone che erano transitate in strutture psichiatriche, insomma una casa famiglia per ex pazienti manicomiali, denominata “La Mimosa”. Si trova a poche decine di metri dal Santuario della Madonna Bruna.
All’esterno c’era un cartello poggiato sul marciapiede, li chiamano totem, che indicava che in quel luogo si effettuavano i test. Supero il cancello e sul finire del viottolo intravedo un edificio giallo-arancione di un piano con un ampio terrazzo. E’ evidente che ha vissuto momenti migliori. Nella parte iniziale del giardino noto, su entrambi i lati, numerosi contenitori in plastica e alluminio trasformati in vasi per coltivare erbe aromatiche come il basilico ed il prezzemolo. Dal terreno spuntano anche piante di pomodoro. Poi vecchi abiti e tanti cenci, brutte sedie e tavoli sporchi, una fornacella mangiata dalla ruggine. E’ evidente che è l’orto di qualcuno che per anni, probabilmente, ha usato abusivamente quel terreno che, come l’edificio, è di proprietà dell’Asl Salerno. Pochi metri più avanti la strada diventa più ripida. L’orto fa spazio ad una pineta abbandonata, a terra decine e decine di rami ammassati l’uno sull’altro e sopraffatti da erbacce di ogni tipo.
Davanti all’edificio c’è una scrivania, vi è seduta una donna che raccoglie le generalità degli insegnanti convocati tutti alla stessa ora, le 17, altro che contingentamento. In un angolo riesco ad intravedere un nutrito gruppo di persone, sono i docenti in attesa di farsi pungere un dito per il test. Dall’edificio esce un uomo, “non ammassatevi, se viene un giornalista ci mette sui giornali”, dice. Probabilmente qualcuno che mi conosce ha visto che ero lì.
Ora il mio racconto si basa sulle testimonianze che ho raccolto perché non sono entrato in quello che immaginavo doveva essere un ambulatorio. “Chi doveva fare il test – mi hanno descritto – entra in una stanza. Ad attendere ci sono quattro persone apparentemente giovani, non indossano un camice. Sono posizionati dietro due scrivanie e ricevono due utenti per volta. Hanno mascherine e guanti, sui tavoli un contenitore con i test, uno disinfetta il dito, l’altro punge. Poi invitano l’utente ad attendere fuori l’esito dell’analisi che si avrà nel giro di una ventina di minuti”.
Le considerazioni, purtroppo, sono amare. Ancora una volta ci si scontra con la sciatteria, il pressapochismo, l’incuria, il non avere rispetto degli altri ma anche di sé stessi, mi riferisco agli impiegati dell’Asl mandati a lavorare in una struttura fatiscente. La cosa è ancora più grave perché si ha a che fare con la salute dei cittadini in un momento di grande difficoltà dettato dalla pandemia. Che garanzia di igiene c’è in quel luogo? Se l’edificio non era ancora pronto per effettuate un servizio così delicato perché non si è provveduto a individuarne un altro? E’ gradita la risposta dei vertici del Distretto sanitario 60. Ad attenderla anche il sindaco Giovanni Maria Cuofano che da tempo ha invitato l’Asl a trasferire nell’ex Mimosa, dopo averla ristrutturata, gli ambulatori del Distretto 60 di stanza a Nocera Superiore.
Un’altra risposta sarebbe gradita, invece, da chi ha organizzato lunedì scorso l’inaugurazione di nuovi posti letto all’ospedale di Sarno. Tutto lecito, anzi ben vengano ulteriori letti, ma quel buffet allestito a margine dell’evento proprio stona. Un collega presente mi ha detto che ognuno si serviva da solo. Ma all’Asl Salerno non sanno che è vietato fare buffet in periodo Covid? Mettere le mani nelle pietanze esposte è certamente un pericoloso mezzo di trasmissione del virus oltre all’assembramento tipico dei buffet a cui quest’anno hanno dovuto rinunciare gli alberghi e i ristoranti. Ma questo particolare ai vertici dell’ospedale di Sarno forse è sfuggito.