La femmina dell’anguilla non è più piatto prelibato delle feste, il capitone ridotto a semplice comparsa. Mentre l’arte prova a salvarlo
di Nello Ferrigno
Fino a qualche anno fa il capitone (la femmina dell’anguilla, il maschio è molto più piccolo) era il principe (o principessa se parliamo di femmina !?) dei cenoni delle vigilie di Natale e Capodanno soprattutto in Campania.
Nei tradizionali mercatini di pesce di fine anno era quello che più incuriosiva non solo i bambini che si accalcavano ai bordi delle grosse vasche ricolme di acqua dolce dove l’animale scivolava silenzioso. Per non parlare delle difficoltà per ucciderlo prima di poterlo cucinare. Le cronache, condite da tante leggende metropolitane, raccontano di capitoni in fuga nelle case per evitare di essere finito o che riuscivano a saltare fuori anche dalle padelle messe sul fuoco.
Nell’epoca del sushi e del burger il capitone non è più al centro delle tavole. Nei mercatini le vasche sono quasi scomparse, nelle case dove la tradizione resiste, i bambini (e non solo) restano inorriditi nel sentirsi proporre una simile pietanza. Sarà per questo motivo che lo scultore e graphic designer Alberto Grant ha realizzato un logo con il quale accende i riflettori, in maniera ironica come gli artisti sanno fare, sul pesce coniando lo slogan “salviamo il capitone”.
Quello che molti ignorano è che questa specie è registrata come “in pericolo critico” dalla Iucn ((International Union for the Conservation of Nature) che è il gradino immediatamente precedente l’estinzione in natura a causa della pesca eccessiva. Tornando al logo di Grant, ancora una volta l’arte risulta essere un faro per la salvaguardia del mondo. Insomma la “grande bellezza” ci salverà. E salverà anche il capitone.