Sino alla Candelora per visitare il presepe a Casali di Roccapiemonte realizzato da don Carmine dedicato quest’anno all’accoglienza
di Christian Geniale
Le festività natalizie sono ormai finite. L’Epifania tutte le feste porta via, si direbbe, ma non è proprio così. In diverse case e soprattutto nelle chiese sono ancora allestiti presepi e Natività. E’ l’attesa per la Candelora, ossia la festa della Presentazione di Gesù al tempio. A spiegarci l’importanza di questo particolare momento liturgico, il prossimo 2 febbraio, è don Carmine Citarella, parroco della comunità di fedeli di Santa Maria delle Grazie, e nella chiesa di Casali a Roccapiemonte prepara ogni anno, insieme ai suoi collaboratori, un presepe speciale “che vuole raccontare qualcosa”.
“La Candelora – ha spiegato don Carmine – segna la conclusione definitiva delle celebrazioni natalizie e, con la profezia di Simeone, apre al cammino della Quaresima e della Pasqua. Prima non c’era la divisione dei tempi liturgici, come adesso, e quindi dopo il Natale si contava settuagesima, sessagesima, quinquagesimo arrivando poi alla Quaresima e quindi quadragesimo. Il tempo si calcolava a ritroso, giungendo poi alla Pasqua”. Dal Natale alla Candelora passano 40 giorni, un numero che più volte ritorna nei testi sacri. “E’ la cifra di preparazione che indica il simbolo della vita – ha aggiunto il parroco – tempo di preparazione e di prova con Gesù che svolge la sua vita pubblica in mezzo a noi con la predicazione e rivelazione del volto di Dio. La Quaresima ci serve per prepararci al mistero della morte e resurrezione”.

Quella della Candelora è una festa antichissima. “Veniva chiamata lipapante – ha rivelato il religioso – ossia l’incontro con il Signore che s’incarna per venire incontro a noi”. Incontro e accoglienza che vengono rappresentati nel presepe che quest’anno si è ispirato a un passo dagli Atti 10. L’apostolo Pietro viene mandato da Dio nella casa di Cornelio, un centurione romano pagano, per chiamarlo e seguirlo. “Dio non fa preferenze di persone – ha detto don Carmine -, Dio ama tutti e accoglie tutti. E’ la base per saperci accogliere reciprocamente, senza preferenze”. Da qui lo spunto nel realizzare un presepe etnico ambientano in un paesaggio africano.

Le statuine adoperate per realizzare il presepe provengono da diversi paesi del continente africano. La Natività e i re magi provengono dal Rwanda, i pastori che si portano verso la capanna provengono dall’Africa centrale e dal Tongo, le barche con i pescatori che percorrono il fiume provengono dalla Burundi, re Erode e i suoi soldati dal Congo e la suonatrice di arpa dal Camerun. “Questo pastore – ha precisato il parroco – ci è stato donato da un nostro parrocchiano che proprio in Camerun sta realizzando dei pozzi”. La cometa è fatta con le spighe di grano provenienti dai campi coltivati dalle suore di Charles De Foucauld che hanno una casa in Egitto.
Una tematica che ben si sposa con il Vangelo di Matteo, dove l’evangelista che probabilmente ha scritto per una comunità cristiana proveniente dalla Giudea, richiama l’attenzione sulla Natività, i magi e re Erode. “Un racconto – ha spiegato il religioso – che si incentra sulla nascita di Gesù e la persecuzione di Erode che costringe la Sacra Famiglia alla fuga in Egitto”. Intorno allo scenario delle vere e proprie canne di bambù per richiamare in maniera più immediata i paesi dell’Africa e l’ambientazione esotica.

I panini posti vicino alla capanna che vogliono indicare “Betlemme casa del pane” sono stati realizzati dalle suore di clausura di Piccari. A tagliare la scena, nel mezzo, un fiume che rappresenta la vita, con il coccodrillo per rappresentare la vittoria sul male. Re Erode si trova in una posizione più elevata e rappresenta un altro tema biblico. “Il male che apparentemente trionfa – ha precisato don Carmine – e il Signore trionfa con la sua umiliazione, il suo farsi povero e piccolo”. A fare da sfondo a tutta la scena un deserto, a rappresentare il cammino intrapreso nel periodo dell’Avvento nel prepararsi al Natale.