Nocera Inferiore i familiari delle vittime della frana di Monte Albino chiedono giustizia. L’unico imputato verso la prescrizione
“Vi imploriamo, fate tutto ciò che è in vostro potere per dare giustizia all’ambiente devastato ed alla memoria delle tre vittime della frana del 4 marzo 2005”. E’ probabilmente il passaggio più commovente della lettera aperta inviata alla magistratura nocerina dai familiari delle tre vittime della frana che nel 2005 si staccò dal Monte Albino alla vigilia dell’udienza del secondo processo in programma giovedì prossimo 19 dicembre. Durante il dibattimento all’esterno del tribunale di Nocera i componenti del comitato cittadino ambientalista “Antibarriera”, insieme ai dirigenti regionali di Legambiente, daranno vita ad un sit in di protesta.
Nel 2005 un pezzo di montagna si staccò portando a valle alberi e fango, distruggendo case, uccidendo i coniugi Matteo Gambardella e Rosa Califano, il cognato Alfonso Cardamone. La lettera è stata affidata agli avvocati Rosario Iannuzzi e Pasquale Pontarelli. “Anche il processo – ha detto Iannuzzi – sta franando. Ed è la seconda volta, quella definitiva”. Alla sbarra c’è da 15 anni l’imprenditore Franco Amato, titolare della società che a Monte Albino ha una cava estrattiva. Nel primo processo furono accertate le responsabilità penali e civili dell’imprenditore che è anche un geologo.
Rischio prescrizione
“Nel punto dove si verificò la frana – racconta Iannuzzi – era stata creata una strada a servizio della cava mediante un taglio della montagna, circostanza accertata da consulenti tecnici e dai periti nel processo. Ma la prima condanna è stata annullata dalla Corte di cassazione per un mero problema di notifica e si è dovuti ripartire con una nuova udienza preliminare ed un nuovo processo che, dopo altre lungaggini, sembrava aver preso la giusta direzione”. L’ultima udienza risale al 21 novembre scorso.
“Purtroppo – ha sottolineato Pontarelli – su richiesta del difensore di Amato, il tribunale ha emesso una sentenza di prescrizione dei tre omicidi colposi, ritenendo che tale prescrizione maturi in sette anni e mezzo e non in quindici anni, come invece aveva stabilito il giudice. Quindi il processo proseguirà per il solo reato di frana colposa. Ed il 4 marzo arriverà anche la prescrizione per quest’altro reato”.
Il dramma di Caterina Gambardella
Nella triste vicenda si interseca anche la storia di Caterina Gambardella, vedova di una delle tre vittime, Alfonso Cardamone. Oggi la donna ha 85 anni. Ha sempre presenziato a tutte le udienze. “Ma ora – ha raccontato Iannuzzi – si è definitivamente rinchiusa nel proprio dolore, estenuata da tutte le disarmanti vicissitudini giudiziarie che, dopo aver fatto conoscere la verità dei fatti, pare non riusciranno in alcun modo, e clamorosamente, a fare la dovuta giustizia che il caso richiede”.
Nella lettera aperta si parla di un’udienza al mese nonostante la prossima prescrizione, l’assenza di un sostituto procuratore a “sostenere lo Stato nella sua accusa forse la sua presenza avrebbe stimolato il giudice a fissare le udienze con rinvii più brevi e forse nella scorsa udienza avrebbe anche potuto decidere diversamente sulla prescrizione degli omicidi colposi”.
“Cercavamo giustizia ma abbiamo incontrato la legge”
“Dopo tre morti, due famiglie distrutte ed un versante montuoso devastato, dopo aver saputo la verità e dopo tanta attesa – si legge nell’appello – ci aspettiamo che sia fatta finalmente giustizia. Quello che doveva essere un processo simbolo, una battaglia per l’ambientalismo, paradossalmente, sta franando a causa delle inefficienze della giustizia. Ma, parafrasando una canzone di Francesco De Gregori, cercavamo giustizia ma abbiamo incontrato la legge”, conclude la lettera.