Torna da Milano per assistere la madre disabile, si scontra con il malfunzionamento della sanità pubblica campana e dell’Umberto I
di Micol Gaia Ferrigno
Che la sanità pubblica faccia fatica a reggere il paragone con le strutture private, è qualcosa che spesso diamo per scontato. Conosciamo le problematiche, le difficoltà, i disagi che molti utenti si ritrovano a vivere sulla propria pelle; che questo divario diventi ancora più ampio, rendendo un urgente esame specialistico una vera e propria odissea è una conferma che non vorremmo avere. La storia di Anna Sara e di sua madre, colpita da disabilità e residente a Salerno, è la prova che purtroppo sempre più disservizi colpiscono il mondo ospedaliero, “disservizi che nel 2022, quando si parla di futuro migliore ed evoluzione, non possiamo continuare a tollerare”.
La testimonianza arriva direttamente alla nostra mail, sempre aperta e disponibile per qualsiasi lettore che abbia voglia di far sentire la propria voce per ogni tipo di avvenimento, spiacevole o meno. Il racconto di Anna Sara vede come protagonista, purtroppo, la struttura ospedaliera dell’Umberto I di Nocera Inferiore, ma non riguarda solamente il presidio ospedaliero in particolare, ma vuole essere un richiamo a tutto il sistema sanitario della Campania.
La nostra lettrice, residente oramai a Milano da anni, si imbatte in questa spiacevole storia cercando semplicemente di badare alla madre che necessità di una gastroscopia e colonscopia. Tutto inizia dal momento della prenotazione, il sistema di prenotazione online sembra funzionare solo per alcuni esami. Inizia quindi un ping pong tra prenotazioni telefoniche e reparti liberi dove riuscire ad avere un appuntamento in un periodo di tempo dignitoso sembra una chimera: “Hai perso due ore e la tua pazienza è allo stremo mentre mantieni i nervi saldi”.
Arriva finalmente il giorno degli esami all’Umberto I. La situazione, racconta Anna, si presenta molto più difficile da gestire: “Accompagni un disabile, non c’è un ingresso segnalato, cerchi di capire dove andare, ti spiegano che è compito dell’accompagnatore scortarlo all’interno, uscire fuori con l’auto, parcheggiare da qualche altra parte (poiché il parcheggio è pieno), per poi rientrare a piedi”. La situazione non migliora una volta riusciti ad accedere alla struttura, è impossibile per Anna Sara e sua madre reperire facilmente una sedia a rotelle, di diritto in situazioni particolari anche a pazienti con disabilità non permanenti.
Sorvolando, anche se non dovremmo, sulla questione “Pos fuori servizio” per il pagamento del ticket all’Umberto I, non possiamo però accogliere le considerazioni sul ritardo della visita a causa della carenza di personale, emergenza di cui si è ampiamente parlato nella nostra regione, sul malfunzionamento dell’aria condizionata e sulla scarsa igiene del reparto ( “transitano carrelli pieni di immondizia che passano serenamente per i reparti e non attraverso corridoi appositi”) e dei bagni, ma non quello disabili che risulta chiuso (“conosci i tuoi polli e infatti non ti meravigli che non ci sia né carta, né sapone, né copriwater, né asciugamani ad aria”).
La nostra lettrice ha purtroppo fatto luce su una problematica che non dovremmo “abituarci ad elaborare come normale”, soprattutto legata alla sanità pubblica. Spesso giustifichiamo tutto spingendo ancora una volta sulla ormai accertata incapacità di gestione delle istituzioni ed imprese “al Sud”, quando invece dovremmo batterci ed impegnarci per fare in modo che tutta l’Italia possa smettere di considerarci come l’anello debole del Paese.
Vi lasciamo con le parole di Anna Sara, sperando che possano colpire dove necessario: non al nostro orgoglio ma alla nostra voglia di fare meglio, ogni giorno di più, per costruire un Sud dal quale non sarebbe un sollievo scappare.
“Non so quando le cose siano iniziate ad andar male, quando il pubblico ha iniziato a percorrere binari di efficienza e raziocinio diversi dal privato. So che non sono una manager ma ho una buona capacità analitica e di problem solving, lavoro da sempre nel privato e mi sono bastate poche ore nel sistema sanitario campano per confermare non solo che pubblico e privato non vanno alla stessa velocità ma che Lombardia (mia regione adottiva) e Campania viaggiano su binari diversi, treni alta velocità contro regionali. Eppure le tasse sono le stesse, anzi, in Campania sono di gran lunga più alte che in Lombardia”.