Le osservazioni del giudice sull’omicidio della neonata a Roccapiemonte tracciano nuove indicazioni per riscrivere la brutta storia
Probabilmente la brutta storia di Roccapiemonte dovrà essere riscritta. Le ultime notizie che arrivano dal fronte giudiziario hanno portato alla libertà Massimo Tufano il marito di Margherita Galasso. Lei resta in stato di arresto, ora è nel carcere di Fuorni dopo alcuni giorni trascorsi nel reparto di ginecologia dell’ospedale di Nocera. Secondo il giudice per le indagini preliminari, Luigi Levita, che ha disposto la liberazione di Tufano, ci sono delle incongruenze negli indizi di colpevolezza raccolti immediatamente dopo il ritrovamento della piccola Maria.
Dubbi sul giorno del parto
Non è certo, infatti, che il corpicino trovato nella siepe mercoledì 2 settembre, sia stato abbandonato la sera stessa. La signora Galasso potrebbe aver partorito due giorni prima, lunedì 31 agosto. Anche i medici, che hanno visitato la donna, non hanno potuto con certezza dire q quando risaliva il parto. Infine Tufano, che ha sostenuto davanti al giudice che quella bambina non era sua, ha dichiarato che da tempo non aveva rapporti con la moglie. Vivevano da estranei nella stessa casa di due piani. Lui e il figlio 14enne lo scorso anno si erano allontanati dall’abitazione perché la convivenza, a causa della grave malattia psichiatrica della moglie, era diventata complessa. L’aveva anche denunciata per stalking.
“Non era figlia mia”
Nel gennaio scorso erano tornati in famiglia per ritrovare un minimo di armonia, ma non è successo. Tufano ha anche detto di non sapere della gravidanza della moglie sostenendo che la sera del 31 agosto, dopo aver notato delle macchie di sangue in un bagno della casa e nel letto della moglie, si è sentito dire dalla donna che quelle macchie erano dovute al ciclo mestruale. Il giudice non ha escluso che le perdite di sangue, in realtà, siano le tracce del parto. Ecco perché ha chiesto ai carabinieri ulteriori indagini per cercare di capire l’esatto giorno della nascita della bambina.
La follia che annebbia la mente
Mettendo insieme tutti questi pezzi del puzzle il giudice Levita ha ritenuto che per Tufano non ci sono gravi indizi di colpevolezza rimettendolo in libertà. Pesanti come un macigno, dunque, le accuse alla donna. Ovviamente si tratta di una persona malata. Le sue turbe psichiatriche non sono recenti. L’ultimo Tso, il trattamento sanitario obbligatorio, risale al 2016. Entrano in gioco pezzi di storia personale, familiare e sociale. Ma che potrebbero avere un unico comune denominatore, la gestione dei malati psichiatrici dopo l’approvazione della legge Basaglia, ottime norme ma mai applicate del tutto e che lasciano le famiglie in balia della pazzia del congiunto. Ed ancora, che ruolo ha avuto la famiglia della donna nel seguirla nell’odissea della malattia? Cosa hanno consigliato i medici che la tenevano in cura? Domande, al momento, senza risposta. L’unica cosa certa è l’incubo vissuto nella casa di via Roma con una donna annebbiata dalla pazzia che ha compiuto un gesto estremo.