Da Marzia a Paola, la lunga scia di femminicidi e violenza sulle donne in provincia di Salerno lo specchio di radici difficili da tagliare
L’elenco delle donne vittime di violenza in provincia di Salerno è lungo. Il numero è alto come le violenze sessuali che spesso si consumano tra le pareti di casa e non vengono denunciate. Secondo i rilievi nazionali sarebbero in calo anche i reati spia, indicatori di violenza di genere, come lo stalking e i maltrattamenti contro familiari e conviventi, ma per molti addetti ai lavori restano ancora elevati anche i numeri delle donne che non denunciano.
Numeri alti nonostante gli sportelli, il lavoro delle associazioni specializzate, le stanze rosa di ascolto aperte presso le compagnie dei carabinieri ed in questura. E un caso su tutti, si legge oggi su Il Mattino, deve far riflettere, quello di Marzia Capezzuti, anche lei vittima di violenze da parte della famiglia che l’aveva accolta in casa «come una figlia», nell’indifferenza di una città, Pontecagnano Faiano, uccisa secondo gli inquirenti proprio dalle botte e dalle sevizie subite.
Le storie, da Marzia a Paola
«Ho paura di Alfredo». Le disperate parole di Anna Borsa, prima vittima del salernitano nel 2022, uccisa dall’uomo che diceva di amarla, sono cadute nel vuoto. A Pontecagnano tutti sapevano, anche qui nessuno è mai intervenuto, lei non ha mai voluto denunciarlo, gli appelli dei genitori – senza la richiesta della vittima – non sono serviti a nulla e a marzo scorso Anna è stata uccisa nel negozio di parrucchieri presso il quale lavorava. Era il giorno di Carnevale.
A luglio è stata uccisa una donna di 91 anni, Adele Martino, massacrata nella sua abitazione assieme alla sorella, che invece si è fortuitamente salvata, dall’ex badante del fratello che era entrato in casa per derubare le due donne dei loro soldi. Ad agosto è un padre ad accoltellare la figlia, nella loro abitazione al Carmine, perché la ragazza era rientrata dal nord con la sua fidanzata: il padre, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, non avrebbe accettato le scelte sessuali della ragazza.
E poi c’è la cronaca, quella degli ultimi giorni: come l’omicidio-suicidio di San Mango Piemonte. Paola La Rocca è stata uccisa dal marito dal quale si era da poco separata di fatto, non giuridicamente, Rodolfo Anastasio. È stata accoltellata nella loro abitazione, il suo assassino aveva ancora le chiavi di casa. Nonostante l’allontanamento. Anche qui nessun reato spia. E la prova che la violenza contro le donne spesso affonda le proprie radici in difficili rapporti familiari, lo dimostrano anche i casi di Fisciano, del papà che ha lanciato dalla finestra la figlioletta di due anni ora salva, e quello di Capaccio Paestum, della nipote diciassettenne che ha ucciso la nonna ultrasettantenne.
E se questi sono i casi più gravi accaduti tra il capoluogo e la più vicina provincia, ancora tanti sono i casi di violenze che non producono femminicidi ma che rappresentano uno spaccato di vita sociale. Come la donna di Montecorvino Pugliano addosso alla quale il marito, nel corso di un litigio, ha gettato dell’alcol dandole poi fuoco e lasciandola in gravi condizioni. Oppure come un 25enne di Scafati il quale, non accettando la separazione dalla compagna, ha esploso dei colpi di pistola contro la sua abitazione. Non tutte fortunate come Filomena Lamberti acidata e sfigurata dal marito, oggi simbolo della lotta contro le violenze sulle donne.