Si intrecciano i ricordi del terremoto del 1980. Il pensiero di De Mita oggi a Nocera “l’Irpinia non c’entra nulla con chi imbrogliò”. All’epoca era premier
Fino alle 19,30 del 23 novembre 1980, il terremoto più importante dal secondo dopoguerra era stato quello del Belice. Ma un carattere fortemente simbolico, emblematico, l’ha avuto il terremoto dell’Irpinia. Innanzitutto per le due sorprese che suscitò. La più terribile, ed altrettanto tragica, fu dovuta al fatto che, in quella prima notte fra una domenica e un lunedì, il sisma fu ampiamente sottovalutato dai media. Non ne fu colta la portata, le grandi testate giornalistiche non furono per niente tempestive nel mobilitarsi; la scossa tellurica segnalò nei fatti che l’Irpinia era una terra dimenticata dal resto del mondo, dove i sistemi di sensibilizzazione nazionale, in ordine a una calamità naturale, non funzionavano.
L’epicentro fu in Irpinia, ma le due Nocera, Pagani e tutto l’Agro, subirono devastanti danni. In tanti ricordano la notte trascorsa in ritrovi di fortuna: vetture, baracche, aperta campagna. I soccorsi arrivarono tardi, non c’era la protezione civile, ma arrivò l’esercito ad aiutare la popolazione. Al Tg2 della Rai, Pertini disse: «Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi». Alberto Moravia scrisse: «Ad un tratto la verità brutale ristabilisce il rapporto tra me e la realtà. Quei nidi di vespe sfondati sono case, abitazioni, o meglio lo erano».
In queste ore non si commemora un disastro di 39 anni fa soltanto per non dimenticare un dolore che sembra sbiadito, ma che in chi è sopravvissuto alla catastrofe e ricorda come fosse ieri la polvere d’intonaco e gli strazi dei feriti sotto le macerie, ha lasciato ferite profonde. Ma si ripercorre anche, si ha il dovere di farlo, la vicenda di un “terremoto infinito” (Iripiniagate) che ha messo più volte in agitazione il Parlamento, che ha dovuto approvare ben 32 leggi per regolamentare la ricostruzione, una lunghissima storia di speculazioni, sbagli, imbrogli e ritardi ingiustificati.
Metafora dei mali del Sud, il “terremoto infinito”. Si badi: non un aggettivo a caso. La somma stanziata dallo Stato per rianimare l’Irpinia è pari all’incirca a 60mila miliardi di lire. Ma nel 1981, un anno dopo l’ecatombe, la stima ufficiale dei danni non superava gli 8mila miliardi di lire. “Un porto nelle nebbie”, frustò Indro Montanelli che, nel 1988, dopo un’inchiesta del “Giornale” fu querelato dal presidente del Consiglio Ciriaco De Mita, definito “padrino”. E proprio oggi De Mita, nel convegno tenuto a Nocera per il progetto politico dei Popolari in Campania, ha detto che Montanelli successivamente gli chiese scusa perchè aveva finalmente capito che l’Irpinia non c’entrava per nulla negli imbrogli della ricostruzione.
Se questa giornata vuole avere un senso, su questi scandali non si può glissare. Non può esaurirsi nella retorica delle ricorrenze. Deve essere, invece, l’occasione per riflettere. E per l’Italia il momento di porre la salvaguardia del territorio tra le priorità dell’agenda del Governo.