L’appello per dare una degna sepoltura a Mario Busidoni, il gigante buono rossonero, il calcio lo salvò dal massacro delle foibe
di Nello Ferrigno
Una tomba per Mario Busidoni, il gigante buono che, dopo aver giocato per cinque anni in rossonero nella Nocerina, trasferitosi in Australia, decise di terminare la sua vita terrena a Nocera Inferiore. “I suoi resti mortali – come racconta Lello Benevento – sono nell’ossario del cimitero comunale. Per le sue gesta con la Nocerina, ma soprattutto per l’amore che ha avuto per la nostra città, penso sia il caso di ricambiare quel suo affetto con una degna sepoltura. Faccio un appello al sindaco Paolo De Maio affinché l’amministrazione comunale possa donare un loculo dove custodire le ossa di Busidoni. E farlo, magari, il 10 febbraio, giornata in cui si ricorda il massacro delle foibe”.
Originariamente il calciatore si chiamava Mario Busdon, il cognome venne cambiato in ossequio alle disposizioni di allora sui cognomi di origine dubbia. Era nato il 10 settembre 1920 a Pola, in Istria. Quando quel pezzo di Italia passò all’ex Jugoslavia, oggi è territorio croato, Busidoni fu costretto all’esilio e scampò alla morte in una foiba. Iniziò a giocare a calcio nelle giovanili del Grion. Non aveva una grande tecnica di gioco ma la sua capacità di ricoprire tutti i ruoli dell’attacco (centravanti, ala, mezz’ala) e la sua mole, era alto un metro e 82, gli consentirono di farsi notare da osservatori del Torino.
Ma con i granata non ebbe successo. Approdò in rossonero nel 1945. Nel 1947 fu tra i protagonisti della prima promozione in serie B. Indossò la maglia rossonera per cinque anni collezionando 139 presenze e 20 gol. Decise, poi, di partire per l’Australia dove aveva dei parenti. Si stabilisce ad Adelaide, poi a Melbourne. Qui conosce la futura moglie, un’insegnante, “simpatica e fine signora”.
In Australia resta 30 anni. Ma la nostalgia è difficile da sconfiggere, è un brutto tarlo che ti rode dentro, non ti lascia dormire, non ti dà pace, l’aria di casa, la lingua natia, la possibilità di raggiungere Trieste, l’Istria e Pola, dove ci sono tanti ricordi, qualche parente e non pochi amici e conoscenti, come si fa a resistere? Ecco, dunque, biglietto aereo di sola andata per Roma, destinazione Rieti, città di nascita della moglie che lo ha accompagnato.
Poi la morte della moglie e tanta solitudine. Busidoni ricorda l’affetto ricevuto a Nocera, la benevolenza dei nocerini, si traferisce nella città che lo ha amato. “Nocera per me ha fatto tanto e voglio morire qui dove ho trovato amore e calore umano”, disse. Morì nella sua “Nocera” a 81 anni. Era il 2002. A distanza di 21 anni, forse, è arrivato il momento di dare una degna sepoltura a Busidoni, il gigante buono.