La tradizione tra sacro e profano del dolce tipico di San Giuseppe, la zeppola. Rigorosamente fritta con la sua declinazione al forno
di Christian Geniale
Lo avreste mai immaginato San Giuseppe friggere zeppole? Risulterebbe difficile, ma per la colorata e vivace fantasia napoletana nulla è impossibile. La leggenda partenopea racconta che nella notte in cui un angelo apparve in sogno al Santo, invitandolo a scappare con Maria per mettere al sicuro Gesù dalla grinfie di re Erode, fu costretto ad abbandonare la sua bottega di falegname e fuggire lontano. Giunti in Egitto, Giuseppe doveva provvedere ai bisogni della famigliola, con sé non aveva i suoi utensili da lavoro e dovette cimentarsi in altre vesti e indossò quelle da pasticcere realizzando fumanti zeppole. Da qui il legame della festività di San Giuseppe, il 19 marzo, con la zeppola a lui dedicata.
Nel giorno della Festa del papà le zeppole di San Giuseppe non possono proprio mancare. Un dolce semplice e molto buono, una ciambella morbida e golosa realizzata con una pasta choux, variegata con una generosa farcitura gialla a base di crema pasticcera, guarnita poi con l’immancabile amarena e tanto zucchero a velo. Profumate e soffici squisitezze che la tradizione vuole rigorosamente fritte, ma per esigenze di linea possono essere preparate anche al forno. Per un giorno, la dieta, è meglio assecondarla. Le “S” che disegnano l’impasto della pasta choux, dal latino serpula – serpe – rendono le zeppole di San Giuseppe delle vere e proprie opere d’arte, perfette come dei capitelli delle colonne degli antichi templi, belle da vedere ma soprattutto buone da gustare.
Ma quando è stata realizzata la prima zeppola di San Giuseppe? Di certo non è stato il Santo l’inventore del dolce, come narra la leggenda, ma in un certo senso la fede è entrata in cucina. Secondo la storia gastronomica sono state le suore del convento di San Gregorio Armeno nel 1700, nel cuore del centro storico di Napoli, a realizzare questo dolce dalla caratteristica forma rotonda, facendolo diventare un’icona della tradizione partenopea. Ma la sua prima traccia scritta la rinveniamo sullo storico “ricettario”, del gastronomo napoletano Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, “La cucina teorico pratica” scritto nel 1837. In questi giorni di festa i banconi delle pasticcerie sono dei tripudi di zeppole dalle tante varietà. L’estro fantasioso dei pasticceri non si è limitato alla classica crema gialla, ma anche al cioccolato, agli agrumi o crema bianca alla vaniglia, per poi passare alla tendenza del momento della crema al pistacchio.