Ritorna la rubrica “Perle di dolcezza” e riparte da Agnone Cilento. Un diario di viaggio fatto di storie, tradizioni e ricette. Iniziamo dai cannoli di Enza
“Dove eravamo rimasti?”. Ogni qualvolta riprendo un’attività mi piace ricordare la storica frase pronunciata da Enzo Tortora, garbatissimo e preparatissimo conduttore televisivo di qualche anno fa (ndr. la precisazione è d’obbligo per i giovanissimi lettori), al suo ritorno in TV dopo la triste vicenda giudiziaria che lo vide ingiustamente coinvolto. Con l’estate ormai agli sgoccioli, possiamo riprendere a mettere le mani in pasta. Durante la stagione calda, invece, mattarello e grembiule sono stati “appesi al chiodo”. E’ preferibile, in questo periodo dell’anno, mangiare un dolce al cucchiaio, di quelli per cui non è necessario il forno, o comprare un buon gelato artigianale. Ce ne sono ancora di quelli buoni, fatti con ottime materie prime e ingredienti di qualità.
La rubrica è andata in ferie, ma la sottoscritta ha continuato a raccogliere le ricette di dolci – rigorosamente fatti in casa – e soprattutto delle storie a cui sono legati. In vacanza in Cilento, per la precisione ad Agnone Cilento ho avuto la fortuna di iniziare la giornata con una colazione a base di una buona fetta di crostata o di ciambellone allo yougurt “homemade” e di terminarla a cena con un altrettanto ottimo dolce della tradizione locale.
Da Matteo, gestore del B&B “Il giardino dei limoni” in cui alloggiavo, a Enza, sopraffina cuoca e proprietaria del ristorante “U’ pucuozzo” in cui ho piacevolmente assaggiato la cucina cilentana qualche sera, tutti hanno condiviso con me le ricette di famiglia e della tradizione locale di cui sono custodi.
Questa settimana voglio portarvi al locale di Enza dove, quasi ogni sera, i clienti non vedono l’ora di chiudere la deliziosa cena con l’assaggio di uno dei suoi ottimi dolci. “Ogni volta che faccio un dolce ripeto i movimenti di mia mamma” dice riferendosi all’antica usanza di non pesare gli ingredienti, ma di impastare “a occhio”. “Nelle case non c’erano bilance e ci si regolava con le mani – continua – avevo circa dieci anni quando ho iniziato a stare in cucina con mamma Rosolina, detta Nennella, e ancora oggi quando impasto ripeto gli stessi gesti che ho memorizzato negli anni”. Una semplice gestualità che, nel giro di pochi attimi, fa fare a Enza un balzo nel passato a quando Nennella onorava il santo del giorno o la festività religiosa mettendo letteralmente le mani in pasta insieme alle due figlie.
“Preparavamo dolci diversi a seconda della festa – racconta – immergevamo le mani nella farina, nello zucchero e nelle uova e dopo ecco pronta la pizza dolce (un pan di spagna ricoperto di naspro) per la festa della Madonna del Carmine o i cannoli, preparati per San Giuseppe, ma soprattutto per l’onomastico di papà Pasquale, detto U’ pucuozzo, da cui il ristorante prende il nome”. Da adolescente, invece, Enza inizia a fare i sospiri, le cosiddette pesche ripiene che, insieme ai cannoli, sono tra i dolci più richiesti e apprezzati dai clienti.
E questa settimana Enza ha deciso di condividere con i lettori di “Perle di dolcezza” gli ingredienti – rigorosamente “a occhio” – della ricetta dei suoi prelibati cannoli.
Per la base: 1 kg di farina, 3 manciate di zucchero (pari a 2OO/25O g), 5 uova intere, ¾ di un bicchiere di vino bianco, ¾ di un bicchiere di olio di semi (si può sostituire quest’ultimo con 7O/8O g di sugna). Si lavorano bene insieme tutti gli ingredienti e quando risultano un unico impasto si trasferisce sulla spianatoia e lo si lavora col matterello fino a renderlo molto sottile. Si può usare anche la macchina per la pasta posizionando sul n.6. Dopo aver formato dei quadrati di pasta, li si arrotolano intorno alle forme di canna per cannoli. Si friggono in olio bollente e si sollevano appena dorati. A questo punto si ripongono in una scolapasta e, una volta raffreddati, si procede alla farcitura.
Per il ripieno: riscaldare 1l di latte. A parte lavorare 8 uova con 1O cucchiai di zucchero. Aggiungere 8 cucchiai di farina e un aroma a piacere (estratto o bacca di vaniglia o limone). A questo punto versare il latte a filo, girare e mettere sul fuoco a fiamma media fino a quando la crema non avrà raggiunto la giusta consistenza.
Consiglio: da non perdere se siete in zona e andate da “U’ pucuozzo” le alici fritte alla scapece di nonno Giovanni. “Un piatto che mio nonno adorava – aggiunge Enza – e per il quale litigava sempre con mia nonna perché lui ne era goloso e per poterne mangiare tante ne comprava sempre una quantità spropositata dal momento che eravamo solo lui, la nonna e io, affidata a loro dai miei genitori che lavoravano in Germania”. La ricetta a Enza è tornata in mente proprio qualche anno fa quando, a causa del maltempo, la sagra del pesce fresco era saltata e si era ritrovata una quantità enorme di alici. “Ecco ritornare il ricordo di nonno Giovanni, dei litigi con nonna e delle sue alici fritte condite con olio, aceto, formaggio e cipolla, un piatto semplice ma gustoso”. Buono soprattutto per i ricordi che fa riaffiorare.