La città di sant’Alfonso non riesce a scrollarsi di dosso il grigio di un’apatia pericolosa. Rischia di spegnersi come una fiammella
Bisogna provare a raccontare la realtà, senza enfasi e senza retorica, senza pregiudizi ideologici. Negli ultimi mesi noi cittadini paganesi abbiamo provato un sussulto, una scossa elettrica, mediati dal coriaceo stupore difensivo, nell’apprendere che la città aveva provato a dare un segnale di svolta. Un modo per dire: alzati, Pagani, non dormire più.
La storia si è spenta come una fiammella. Era, ovviamente, un’illusione ottica. Una metafora inutilizzabile. Siamo ripiombati nel sonnambulismo, nel vizio che scambiamo per virtù, nel nostro consueto dormire a occhi spalancati, nonostante la volontà di reagire e i conati dell’indignazione.

La morte civile della città sonnambula non è un modo di dire, è uno stato di catatonia individuale e generale. Dal lontano 2002, gli anni del giovane e dinamico sindaco Alberico Gambino, delle opere pubbliche e delle realizzazioni, passando per le inchieste e il commissariamento, fino all’interregno di Salvatore Bottone e le ultime elezioni comunali, dissoltesi in un nuova sentenza di un tribunale. Al comando in questi anni uomini non eletti dal popolo, quasi dei cloni di Gambino, Fabio Petrelli, Bottone del primo periodo, oggi Anna Rosa Sessa.
Una città che sembra rassegnata
Da condottiero a condottiero, da fante a fante, da sottogoverno a sottogoverno, in questi anni Pagani è diventata una città orfana, senza un filo d’aria. Il suono di sottofondo che invita alla lotta, alla battaglia per la normalità, alla sacra crociata, appartiene alla ruggine di un registratore rotto. Non è soltanto la politica vuota, la mano che stringe il cappio.
L’immagine che Pagani dà di sé, da più di dieci anni, è quella di una città allo sbando, avvolta in una patina che rende tutto grigio e sgradevole. Ancora, la città di sant’Alfonso sembra rassegnata a scivolare lungo una china inarrestabile. Eppure, da parte di numerosi cittadini e amministratori, si avverte gran voglia di reagire, di mettere un argine alla deriva.

Sembrano non fare testo quelle poche sacche di resistenza civile e culturale, certo ci sono i cittadini motivati, quelli del fai da te, gente sana e determinata che si batte. Ma la sensazione è che continui a sfaldarsi quel corpaccione stanco di una città che ne ha viste di tutti i colori e non ne può più, che aspetta di prendersi la rivincita quando finalmente potrà andare a votare e rovesciare nelle urne tutta la sua rabbia e la sua frustrazione.
Sia chiaro, risalire in
tempi brevi sarà difficile. Chi verrà dopo questi complessi anni dovrà
accostarsi ad una missione impossibile con tutta l’umiltà possibile. Che sia
un’amministrazione a guida politica o un super commissario piovuto dal cielo
non farà differenza. Basta che ci tolgano di dosso quel senso di stanchezza e
sfinimento che avvolge e che ti prende alla gola.