“Visitiamo più spesso la tomba del patrono di questa città e copatrono della diocesi di Nocera Sarno” ha esortato il vescovo Giudice nell’omelia del rito religioso celebrato nella cattedrale dedicata al dottore della Chiesa
Il primo agosto 1787 moriva a Pagani Alfonso Maria dè Liguori, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore e patrono di Pagani, copatrono della diocesi di Nocera Sarno come ha ricordato questa mattina il vescovo Giuseppe Giudice nell’omelia durante la messa nel santuario di Pagani. Alfonso era nato a Marianella, in provincia di Napoli, da famiglia nobile. Studiò legge ma poi lasciò la toga per dedicarsi agli studi ecclesiastici.
Oggi a Pagani è festa e la città celebra il suo santo. Definito “il santo del secolo dei Lumi”, Sant’Alfonso è un gigante della storia della Chiesa, un missionario poliedrico dalle indubbie capacità e dalle grandi intuizioni pastorali. Fondatore di tutta una scuola di teologia morale oltreché della congregazione religiosa dei Redentoristi, missionario delle cosiddette “Indie interne”, ovvero di quelle zone dell’Europa cristiana che a distanza di oltre un millennio erano ancora carenti di un’autentica formazione religiosa.
Un santo conosciuto, diffuso universalmente, eppure (a differenza della Madonna delle galline) ritenuto nell’immaginario collettivo troppo “elevato” per poter essere compreso da tutti. Questo lo ha penalizzato nella diffusione della sua produzione e lo ha racchiuso in una nicchia dottrinaria. Pur essendo andato il più possibile verso il popolo, forse questa sua vicinanza non è stata ancora del tutto colta nella giusta misura.
Fu invece uno straordinario mediatore di cultura per le popolazioni, trattando di contenuti altissimi in stile semplice, chiaro e brillante; si dedicò in modo particolare ai ceti più umili, compì innumerevoli missioni in campagne e nei paesi rurali e si prodigò per un intenso apostolato nei quartieri disagiati per offrire ai più bisognosi pari opportunità di libertà e dignità, per istruirli, educarli e recuperarli.
Basti pensare alle Cappelle Serotine, frequentate assiduamente da artigiani e “lazzari” che si radunavano la sera dopo il lavoro per due ore di preghiera e di catechismo. Nelle Cappelle, per meglio farsi comprendere, il Santo utilizzava il dialetto napoletano. La scelta “preferenziale” per i poveri non significa trascurare la parte più abbiente della popolazione, dal momento che “ultimo” è chiunque si trova in pericolo di perdersi o per povertà materiale o per povertà spirituale e intellettuale.
La visione alfonsiana si addice ancora oggi alle esigenze di una umanità sempre più immersa nel sociale e sempre più a rischio di perdere nella dimensione “economicista” i suoi parametri etici e spirituali. Pochi come lui questo lo hanno non solo vissuto, ma anche espresso per gli altri, una grande versatilità interiore, utilizzando tutte queste capacità per arrivare alla gente, per arrivare poi dove in altri modi, sarebbe stato impossibile arrivare.